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Si aggrava la siccità in molte regioni europee, apice in Piemonte. Sblocco a fine marzo ?

Ieri in occasione della giornata mondiale dell'acqua non si poteva non dare risalto alla pesante condizione di deficit idrico che sta affliggendo molte zone dell’Europa.

Nel vicino Piemonte si stanno delineando numeri da vera propria emergenza idrica.

Gli acquedotti di 21 comuni sparsi tra il cuneese e il Verbano sono riforniti da autocisterne. Secondo i dati di portata analizzati e trasmessi da ARPA Piemonte, il deficit idrico su molti fiumi e torrenti ha raggiunto picchi fra l’80% e il 90%, il Po mediamente si assesta sul 70%. Sono passati 104 giorni (oltre 3 mesi ) dall’ultima precipitazione significativa, ovvero superiore ai 5 mm. Questa serie è la più lunga degli ultimi 65 anni.

Stiamo parlando però di un fenomeno ben più esteso, che non solo ha interessato il settore alpino e prealpino nazionale, il versante tirrenico e parte delle Isole Maggiori, ma anche altre zone d’Europa.




Siccità da severa ad estrema su quasi la totalità del Portogallo (appena una decina di mm caduti tra gennaio e febbraio contro una media di 200) ed in alcune aree della Penisola Iberica , dove le colture a causa dello scarso nutrimento vengono aggredite da patologie fungine.

Le statistiche di Meteo Svizzera confermano la pesante anomalia nel versante sudalpino, dove l’inverno meteorologico (terminato il 28 febbraio) è risultato il più mite e asciutto dal 1864 accompagnato da un innevamento particolarmente scarso registrato da tutti i punti di monitoraggio.


L’elemento in comune osservato anche sul nord-ovest italiano è stato l’aumento sensibile della ventilazione settentrionale: particolarmente significativo il dato del Ticino centro-meridionale (fonte sempre Meteo Svizzera ) con 300 ore di favonio registrate, valore superiore alla norma 1991-2020 del 70 % circa.

Fenomeno che a scala sinottica si spiega facilmente, dal momento che il leitmotiv dell’inverno 2021-22 ha presentato un pattern ben definito: blocco di aria gelida a est del Continente e rimonte anticicloniche a ovest, quindi in sostanza gradiente barico sempre a favore di scambi “nord-sud” fra le masse d’aria.


Potrebbe cambiare qualcosa nel medio-lungo termine ? Nella transizione stagionale come ben sapete l’affidabilità dei modelli, già limitata oltre le 72 ore, diventa ancora più labile, oltretutto già nelle scorse settimane si sono state prospettati “scenari di sblocco” ad opera di fronti atlantici che non si sono mai realizzati, quindi la prudenza è d’obbligo. L’aspetto nuovo che potrebbe giocare un ruolo decisivo, non nell’aprire un periodo di compensazione - perchè su questo, purtroppo, gli indicatori della circolazione generale atmosferica non sono ancora incoraggianti -, ma per alleviare quantomeno la penuria di acqua e di neve dei nostri territori grazie precipitazioni più organizzate è l’AVANZAMENTO STAGIONALE.


Con il proseguo della stagione primaverile, infatti, da un lato le masse artiche infatti tendono ad essere più slegate, parallelamente il maggiore surriscaldamento dei suoli sul comparto afro-mediterraneo (maggiori ore di insolazione) produce maggiori contrasti e favorisce maggiormente le ciclogenesi mediterranee.

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